Fu il pungente profumo del vento fresco dell’alba che s’insinuava nel mio respiro a destarmi, discreto e impertinente come un cucciolo capriccioso. Sollevai il muso per catturare tutt’intorno altri aromi, piacevoli o allarmanti, che mi svelassero le promesse imminenti della mattina. Poggiai gli zoccoli e con un balzo fui pronto, sebbene guardingo, ad abbandonare il mio giaciglio d’erba.
Era un giorno come tanti, da dividere tra il sostentamento, il riposo e lo sfuggire agli agguati degli umani ansiosi di distruggere tutto ciò che racchiude un alito di vita. Eppure era diverso.
Avevo abbandonato il branco.
Ricordo con piacere le notti bagnate di luna trascorse a inseguirsi nei campi, tra gli alberi, il celarsi dietro un cespuglio per sorprendere un altro capriolo, e le finte lotte con le giovani ridotte corna. Ma era molto tempo indietro, da cuccioli, quando ci accomunava l’interesse per la gioia, il gioco, il gusto semplice della reciproca vicinanza anche soltanto per cibarsi di giovani germogli o immergersi nell’acqua fresca di un torrente.
Poi divenni adulto, ed è solito per i maschi lasciare il branco, composto soltanto da femmine e cuccioli.
Ma era stata anche una scelta.
Qualche individuo era troppo preso da sé, incapace di guardare oltre il proprio muso per accorgersi se avevi una zampa ferita e bisogno di sostegno, perso nel compiacersi dei propri successi nella corsa o nel reperire i funghi più gustosi, incredulo se ti occupavi di altro se non lodarlo.
Qualcun altro amava circondarsi di altri caprioli coi quali lisciarsi il pelo, affilarsi le corna, lustrarsi gli zoccoli, guardando con evidente dissenso coloro che non avevano tale cura, che invece amavano scrutare l’azzurro sopra noi ammirando il volo giocoso degli uccelli, o insinuarsi furtivi tra i cespugli per scoprire qualche fiore dai colori insoliti o prodigo di un inebriante profumo, soltanto per ammirarlo, e decidendo di nutrirsi di altro. Quei caprioli non comprendevano, la loro cura di sé era tutto, e sapevano essere spietati verso coloro che non condividevano quell’interesse, evitandoli, scambiandosi occhiate di scherno. Talvolta spostavano le loro alleanze da un gruppetto ad un altro, finendo per gradire la compagnia di coloro che avevano fino allora denigrato e trovando disdicevoli coloro che avevano sostenuto fino ad allora.
Qualche capriolo che si era chiuso in se stesso a causa di un grande dolore, quando si era risollevato aveva proseguito a sfruttare quella scusa per evitare la compagnia di altri che aveva a lungo sostenuto di amare.
Io ero stanco di tutto questo.
Amavo ogni singolo capriolo del mio branco, anche coloro che non comprendevo e i cui comportamenti trovavo privi di empatia e slancio emotivo verso gli altri, ma ero stanco di essere circondato da falsità, invidie, freddezza.
Avevo bisogno di pace, silenzio, aria fresca da assaporare fino a rinnovarmi da dentro.
Bramavo la semplicità, la sincerità, gli sguardi sinceri colmi di amore e accettazione per ciò che ero, ciò che sapevo donare di me.
Adesso mi sento libero.
Corro in compagnia di pochi caprioli come me con cui condivido la gioia di stupirci di fronte alle meraviglie che sappiamo svelare dal mondo in cui transitiamo, e sono sereno.